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PILLOLA DI CHIMICA

    1. Caratteristiche chimiche e struttura, composti, differenze

    I PFAS sono una controversa classe di composti chimici: questi composti sono contenuti in una vasta gamma di prodotti industriali e negli ultimi anni hanno sollevato grande perplessità nell’opinione pubblica a causa dei danni che, per quanto ancora materia di studio, causerebbero alla salute degli organismi e dell’ambiente.

    Ma quali sono le caratteristiche che li rendono allo stesso tempo così utili nell’industria e così dannosi per noi?

    I PFAS sono molecole organiche alifatiche, cioè costituite da una catena lineare di atomi di carbonio, e sono inoltre sostanze perfluoro-alchiliche o polifluoro-alchiliche, cioè hanno almeno un atomo di carbonio della catena i cui atomi di idrogeno sono sostituiti completamente da atomi di fluoro (quindi, per natura della molecola, un atomo di carbonio che lega solo altri atomi di carbonio e atomi di fluoro). Ad una delle due estremità è associato poi un gruppo funzionale, che può variare in funzione della molecola considerata.

    Nello specifico le sostanze perfluoro-alchiliche hanno tutti gli atomi di idrogeno sostituiti con atomi di fluoro, ad eccezione degli atomi di idrogeno contenuti nel gruppo funzionale all’estremità. In questo caso, dove la catena lineare è quindi costituita unicamente da carbonio e fluoro, gli atomi di carbonio (che non partecipano ai gruppi funzionali) sono legati ad atomi di fluoro secondo il rapporto molare CnF2n+1.

    Nelle sostanze polifluoro-alchiliche invece alcuni idrogeni vengono mantenuti, ma in modo tale per cui tutti gli atomi di carbonio leghino almeno un atomo di fluoro.

    I PFAS sono comunemente divisi in tre classi principali:

    • sostanze perfluoro-alchiliche PerFASs;
    • sostanze polifluoro-alchiliche, PoliFASs;
    • polimeri fluorinati.

    Queste classi comprendono a loro volta un grande numero di molecole differenti e possono essere quindi ulteriormente divise in più sottoclassi.

    I PFAS, inoltre, spesso sono definiti a “catena lunga” o a “catena corta”.

    The Organisation for Economic Co-operation and Development definisce che con “catena lunga” ci si deve riferire a:

    • acidi perfluoroalchilici carbossilici (PFCA) con otto o più atomi di carbonio (cioè con sette o più atomi di carbonio perfluorinato);
    • perfluoro solfonati (PFSA) con sei o più atomi di carbonio (cioè con sei o più carboni perfluorinati).

    2. Come sono sintetizzati?

    Sono due i principali processi di sintesi con i quali sono prodotti composti contenenti catene perfluoroalchiliche: fluorurazione elettrochimica o telomerizzazione.

    3. Che utilizzi e caratteristiche chimiche che li rendono utili?

    I PFAS sono di per sè costosi da produrre, e sono quindi spesso usati quando altre sostanze non possono fornire le stesse performance, o quando possono essere utilizzati in quantità molto più piccola con le stesse performance di, invece, sostanze non fluorurate.

    Gli autori dell’articolo An overview of the uses of per- and polyfluoroalkyl substances (PFAS) sono stati in grado di identificare almeno 300 funzioni associate ai PFAS.

    Le proprietà che hanno reso i PFAS così utili sono molte; tra cui, per citarne alcune:

    • L’abilità di ridurre la tensione superficiale acquosa;
    • L’alta idrofobicità;
    • L’alta oleo-repellenza;
    • L’ignifubicità;
    • L’alta stabilità;
    • Reattività estremamente bassa;
    • Buona conduttività elettrica;
    • Possibilità di utilizzo ad alte temperature;
    • Impenetrabilità alle radiazioni.

    Tutte queste caratteristiche li rendono molto utili; per questo, gli autori dello stesso articolo ne hanno riscontrato l’uso in moltissimi ambiti: 87 usi in 21 rami industriali e 123 usi in altre 43 categorie.

    Tra queste, ad esempio, vengono riscontrate l’industria aerospaziale, le biotecnologie, il settore edile, il settore energetico, il settore di produzione alimentare, la produzione tessile, l’industria farmaceutica e molte altre.

    Invece tra i tantissimi usi si possono riscontrare nell’automotive, nei prodotti per la pulizia, nelle vernici, negli articoli sportivi, nella carta e nel packaging.

    Ad esempio, il fatto che le catene perfluorocarboniche dei PFAS siano sia idrofobiche che oleofobiche rende molti PFAS efficienti surfattanti o protettori di superficie.

    4. Forever chemicals e inquinamento: perché sono inquinanti? perché sono difficilmente rimovibili?

    Perché i PFAS sono definiti “forever chemicals”?

    I PFAS vengono definiti così in quanto la loro degradazione è molto complessa: ad oggi, i PFAS possono essere degradati in modo efficace solo tramite incinerazione, trasferimento di elettroni, archi al plasma oppure agenti ossidanti o riducenti chimici.

    Questi metodi sono però aspecifici, costosi e soprattutto producono come prodotti secondari delle reazioni sostanze tossiche o reattive.

    La biodegradazione dei composti fluorurati non è meno complessa: necessita di settimane o mesi, il tipo di molecole degradate è limitato e inoltre, ad oggi, sono pochi gli enzimi identificati come capaci di biodegradare i PFAS.

    Una delle ragioni per la quale la biodegradazione da parte di microrganismi dei PFAS è così rara in natura (rispetto, ad esempio, alle sostanze cloro-organiche), potrebbe essere attribuibile all’elevata tossicità dello ione F per le cellule. Quando viene rotto il legame C–F, infatti, viene liberato F.

    Il fluoro è tossico per le cellule per molteplici motivi: è capace di provocare stress ossidativo, interferire con l’omeostasi redox, alterare l’espressione genica ed è causa di apoptosi.

    Nei batteri, i danni cellulari causati dallo ione fluoruro sembrerebbero attribuibili alla sua capacità di inibizione di enzimi, sia essenziali che non essenziali; il modo in cui i batteri reagiscono al fluoro è stato largamente studiato nell’ambito dei batteri del cavo orale. Per questo motivo, i fluoruri sono utilizzati nei dentifrici.

    5. Perché sono pericolosi?

    I PFAS hanno alta affinità per l’albumina e le proteine che legano gli acidi grassi; per questo motivo sono caratterizzati da una distribuzione tessuto specifica.

    Inoltre, sono presenti in modo ubiquitario nell’ambiente, e sono possibilmente capaci di biomagnificare lungo la catena alimentare.

    Il potenziale di bioaccumulo dei PFAS varia tra i singoli organismi e le specie e, inoltre, dipende dalle proprietà strutturali del singolo PFAS: lineare o ramificato, la lunghezza della catena, il gruppo funzionale. Anche la velocità dell’eliminazione della catena dipende dalla struttura del PFAS.

    Nel biota il PFOS (otto fluoro-carboni) è solitamente il PFAS dominante, e la sua concentrazione aumenta nella catena alimentare (alta potenzialità di bioaccumulo).

    In contrasto, PFOA (sette fluoro-carboni) è caratterizzato da un basso potenziale di bioaccumulo, e lo fa in modo simile tra le specie di diversi livelli trofici. Il suo ridotto potenziale di bioaccumulo potrebbe essere dovuto alla più corta catena carboniosa e al suo gruppo funzionale, che differisce dal PFOS.

    L’esposizione umana ai PFAS è estesa ma variabile; le persone sono più soggette all’esposizione dei PFAS tramite il consumo di acqua o cibo contaminato, usando prodotti fatti con i PFAS o respirando aria che ne contiene. Dato che i PFAS si degradano lentamente, le persone e gli animali che ne sono ripetutamente esposti sono soggetti all’accumulo, con l’aumento del livello di (alcuni) PFAS, nel sangue.

    Autrici: Alice Bettio e Laura Tonolo

    Bibliografia