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Antibiotici: una guerra ancora in corso (parte 5)
In generale dividiamo gli antibiotici in base a come vanno ad attaccare il batterio. Ad esempio, alcuni antibiotici inibiscono la formazione della parete cellulare, cioè bloccano la sintesi delle sue componenti: la famosa penicillina è uno di questi. Alcuni batteri sono in grado di distruggere la componente attiva dell’antibiotico, rendendolo inefficace: si parla in questo caso di resistenza antibiotica. Tra gli antibiotici che agiscono con lo stesso meccanismo della penicillina, troviamo i suoi derivati come la penicillina V (che è leggermente più resistente alla degradazione della penicillina normale) e l’ampicillina (ad ampio spettro, quindi attiva sia contro i G– che contro i G+).
Un altro modo per attaccare i batteri è quello di impedire la sintesi di proteine: in questo caso il target è rappresentato dai ribosomi, piccole strutture all’interno della cellula che costruiscono le proteine. Un esempio sono gli antibiotici aminoglicosidici come kanamicina, neomicina, streptomicina, eritromicina, ecc… Questi sono naturalmente prodotti da diverse specie di batteri appartenenti al genere Streptomyces. La streptomicina fu il primo antibiotico usato per curare la tubercolosi, ma il Mycobacterium tuberculosis, agente eziologico della malattia, ha sviluppato resistenza a questo farmaco, perciò venne presto abbandonato. L’eritromicina ha uno spettro piuttosto ampio sia contro G– che G+, ma è solitamente batteriostatica (cioè blocca la crescita ma non uccide i batteri), è quindi usata soprattutto su pazienti allergici alla penicillina o contro batteri tra cui la Legionella o la Chlamydia trachomatis (sessualmente trasmissibile).
Un altro genere ancora di antibiotici è rappresentato dagli antagonisti del metabolismo batterico, ossia sostanze che vanno a bloccare gli enzimi del metabolismo. Sono ad ampio spettro ma principalmente batteriostatici: impedendo al batterio di nutrirsi” si blocca la crescita e la replicazione senza però indurne la morte. Troviamo tra questi i sulfamidici e il trimetoprim.
Infine, ricordiamo quegli antibiotici che inibiscono la sintesi di acidi nucleici, cioè bloccano la sintesi di DNA o RNA agendo su specifici enzimi (DNA polimerasi, RNA polimerasi o topoisomerasi, nello specifico). Non hanno però una buona selettività tossica perché la sintesi di acidi nucleici è simile tra batteri e eucarioti. Tra questi i più usati sono i fluorochinoloni che attaccano la DNA girasi e la topoisomerasi II batteriche, quindi agiscono sul DNA. Anche per questo antibiotico si sono sviluppate molte resistenze tra i batteri.
L’esistenza di questi farmaci è resa possibile perché i target, ossia le molecole su cui agiscono (parete batterica, enzimi, ecc) esistono solamente nei batteri, o meglio, esistono nei batteri in una forma che è diversa da quella presente nell’uomo. Da questo deriva la tossicità selettiva di cui abbiamo precedentemente parlato.